1- Chi è Pia Taccone?
Pia è un’illustratrice torinese. Le piace illustrare storie, ovunque si trovino. Non solo nei libri ma anche album di musica, stoffe, poster, ecc.
2- Descrivi in breve il tuo stile.
Sono molto curiosa e provo tantissimi materiali e tecniche, ma le matite colorate rimangono le mie preferite. Soprattutto quelle pastose, che mi consentono campiture piene e piatte. Continuo a cercare forme pulite e grafiche, ma sono così affascinata dalle trame dei tessuti, dai disegni delle piastrelle, dalle venature delle foglie…che mi lascio andare finendo per decorare un po’ tutto. In genere preferisco lasciar respirare il bianco della carta. Altre volte coloro i fondi con l’acquerello.
3- Come è nata la tua passione per l’illustrazione?
Non ho fatto studi artistici, anche se ho sempre amato disegnare. Ho una formazione tecnica e ho lavorato come ricercatrice precaria per ben undici anni, dottorato compreso. Ma l’ingegneria e la carriera accademica non facevano per me, né io per loro. A metà percorso, a fine 2010, non ce la facevo davvero più. Ho ripreso a disegnare e costretto mio marito a scrivermi una storia per un un concorso di fumetto. Abbiamo vinto il secondo premio. Ripresi dallo stupore, io mi sono iscritta ad un corso di fumetto e lui ad uno di scrittura creativa…e non ci siamo più fermati: oggi faccio l’illustratrice a tempo pieno e, insieme ad altre persone, abbiamo fondato Carie, una rivista letteraria illustrata che sta crescendo oltre ogni nostra aspettativa. Dopo quel primo corso ho incontrato una persona eccezionale, Cinzia Ghigliano: sotto la sua guida ho scoperto che esisteva l’illustrazione e me ne sono innamorata. Sono seguiti tantissimi corsi di illustrazione o comunque creativi, su qualsiasi cosa c’entrasse in qualche modo con l’illustrazione (mosaico, incisione, illustrazione di poster,…). Finché, l’anno scorso, ho frequentato il Master in illustrazione all’Ars in Fabula di Macerata. Di lì ho cominciato a pubblicare e lavorare tantissimo…e per ora non mi sono fermata.
4-Secondo te cosa rende un’illustrazione efficace?
Credo dipenda da vari fattori, ma il più importante penso sia la componente narrativa: per essere efficace, deve raccontare qualcosa. Non può essere solo un elemento decorativo, superfluo. Se togliamo un’illustrazione efficace, deve notarsi la differenza. Lasciare il testo o l’oggetto orfano, in qualche modo incompleto. E questo vale sia per l’illustrazione editoriale sia per quella su altri supporti (etichette, scatole, stoffa, poster, ecc.)
5-Quando hai capito che l’illustrazione sarebbe stata la tua professione?
Quando andavo e venivo dal lavoro, mezz’oretta a piedi, non mi capitava mai di pensare al mio lavoro in dipartimento. Meditavo invece su cosa avrei disegnato per il prossimo concorso, o su come proseguire una tavola o quale tecnica nuova provare. Insomma, pensavo solo a quello. Era evidente che mi ero innamorata di qualcosa di nuovo. Però far diventare l’illustrazione un lavoro mi sembrava utopico. Dunque continuavo a lavorare di giorno e disegnare la sera, di notte, nei fine settimana. Tutti gli anni, alla fiera di Bologna, facevo vedere il portfolio a quanti più editori possibile, facendo tesoro delle loro osservazioni. Di anno in anno, i suggerimenti hanno lasciato il posto a qualche apprezzamento, fino a quando non ho capito che stavano cominciando a trattarmi come una professionista. Lì ho pensato che forse valeva la pena tentare di farne davvero un lavoro e mi sono iscritta al master. Alla successiva fiera, mentre ancora frequentavo, l’editore che seguiva il mio progetto di tesi mi ha detto che lo avrebbe pubblicato. Durante un colloquio con editor di altra casa editrice, ho ricevuto un’altra offerta e ho pubblicato altri due libri. Insomma, anche volessi ora non avrei proprio tempo per fare un altro lavoro. E bene così, era quello che volevo.
6-Ti ispiri a qualcuno in particolare e quali sono i tuoi maestri di riferimento?
Col tempo ho imparato a conoscere molti illustratori bravissimi, contemporanei e del passato. Ma prima, proprio perché nepppure sapevo che esistesse l’illustrazione, guardavo sopratutto pittori: amo in particolare Matisse, Picasso, Kandinski, Cezanne, Maurice Denis, Hopper. A dir la verità, i primi illustratori che ho guardato tanto (ma non sapevo fossero tali) sono quelli del periodo Art Nouveau e Art Deco: Barbier, Umberto Brunelleschi, Beardsley. Man mano che creavo un mio linguaggio, mi avvicinavo agli anni 1950 e 1960, soprattutto agli illustratori pubblicitari. Per illustrare guardo tanto la fotografia, su libri con foto d’epoca o negli archivi digitali per giornalisti.
7-Se ti commissionassero un lavoro e avessi carta bianca,cosa ti piacerebbe illustrare?
Oh, tantissime cose. La mia passione sono i romanzi illustrati per adulti, che in Italia si vedono ancora poco. Dovessi scegliere un autore: Garcia Marquez. Ma un altro sogno nel cassetto è illustrare il Candide di voltaire.
8- Quale è ad oggi il tuo desiderio più grande in ambito professionale?
Una copertina del New Yorker? Aspetta, torno coi piedi per terra…beh, vedere una mia copertina su un romanzo in libreria già mi farebbe molto felice.
